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martedì, Marzo 19, 2024

CCIAA Roma, Tagliavanti: necessaria anticipazione liquidità alle piccole imprese

Intervista a Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di Commercio di Roma incaricata di monitorare lo stato di salute delle imprese dell’area metropolitana e l’impatto del Covid-19.

Presidente, qual’ è la situazione attuale delle imprese?

Quello che colpisce è come cambi il quadro da una settimana all’altra. Noi abbiamo iniziato a fare un’indagine sullo stato delle imprese di Roma e provincia e già vediamo che in pochi giorni i dati sono notevolmente cambiati. Una settimana fa il 75% delle imprese affermava di aver avuto dei danni diretti dall’emergenza sanitaria, ovviamente con una certa gradazione che andava dal turismo – tra i segmenti più colpiti – fino ad arrivare a settori come l’edilizia o alla metalmeccanica. Il problema è che in questo momento siamo passati quasi al 94%, solo l’1% delle imprese della nostra provincia afferma di non essere stata toccata dalla crisi derivante dalla crisi sanitaria.

Che tipo di imprese sono?

Sono quelle legate alle poche attività che sono state mantenute in opera, come la filiera agroalimentare, che riesce a garantire alla popolazione italiana la possibilità di accedere al cibo e ai servizi essenziali. L’elemento importante di questa seconda tornata di indagine è che il tema della liquidità si è fatto drammatico. Le aziende ritengono di avere un’autonomia di 100 giorni, 3 mesi, dopo entreranno in una fase di grave crisi finanziaria. Pensiamo soprattutto a come è fatto il sistema produttivo italiano, piccole e piccolissime imprese spesso sottocapitalizzate che non hanno neanche da parte quelle risorse per poter far fronte al fatto che nella sostanza si sono quasi totalmente bloccati tutti i ricavi, mentre le imprese continuano ad avere i loro impegni. È importante che non ci sia un’espansione del virus economico dopo il virus biologico, perché se una filiera è bloccata – penso al turismo – poi non pagherà i fornitori e così via, quindi c’è un pericolo di aumento a macchia d’olio di questa crisi. Questo noi lo segnaliamo per sensibilizzare le autorità, a cominciare da quelle europee, passando per quelle nazionali, regionali e al sistema delle camere di commercio italiane. Bisogna dare un’anticipazione di liquidità al sistema delle piccole imprese, se vogliamo trovarle vive quando alcune di queste potranno ripartire e riaprire le loro attività. C’è assolutamente bisogno di questo ristoro finanziario.

Il Governo ha da poco varato il decreto Cura Italia. È sufficiente secondo lei? 

Il decreto va nella direzione giusta, mette nella prima fase l’emergenza di carattere sanitario, poi il lavoro e nella terza parte guarda anche alle imprese, però va sottolineato che si tratta di un decreto di marzo. Il Governo, quando lo ha presentato, ha detto che ci sarà un decreto di aprile e probabilmente ci saranno anche provvedimenti a maggio. È chiaro che è tutto in progress, perché noi non sappiamo, allo stato attuale, la forza, la virulenza ma soprattutto la durata della crisi sanitaria. Siamo tutti un po’ legati a questa dinamica e una serie di provvedimenti saranno in progress. Quelli che già oggi sono stati presi, pensiamo soltanto alle casse integrazioni che a vario titolo sono state messe a disposizione dei lavoratori, già sono una cosa importante. Pensiamo allo smart working, al blocco delle tassazioni e al rinvio di una serie di adempimenti anche formali da parte delle aziende.

Oltre ai dati poco incoraggianti, cos’altro emerge dal vostro Osservatorio?

Vogliamo raccontare come il sistema produttivo di Roma e provincia sta vivendo questa brutta storia. Devo dire che ci sono anche elementi positivi, anche in questo grande disastro una luce si vede, il modo con cui le imprese hanno approcciato il tema del digitale. Tutte le statistiche internazionali denunciavano una certa pigrizia del mondo produttivo italiano nell’approcciare nuovi strumenti. Le riposte che ci danno le imprese ci dicono invece che c’è un grande utilizzo di questi strumenti, sia per quanto riguarda il rapporto con i fornitori, sia per le nuove tecniche di vendita – quindi con i clienti – sia nell’organizzazione stessa del lavoro, pensiamo allo smart working. Naturalmente introdurre massicciamente lo smart working all’interno causa degli impacci, sia l’azienda sia i lavoratori sono culturalmente abituati ancora a un luogo fisico di lavoro, quindi ci vuole un po’ di tempo prima che noi cambiamo il modo di pensare, ma questa è oggettivamente una grande accelerazione per l’introduzione di questi strumenti all’interno del nostro sistema economico.

Si perderanno le relazioni umane?

Il digitale lo guardiamo con diffidenza perché ci pare troppo oggettivo, automatico, distante, uno strumento di lavoro poco umano, ma se io vedo come gli italiani in questo momento lo stanno utilizzando, vedo che stanno creando un digitale umano. La forza di mantenere una relazione, una rete, un contatto è quel valore in più. Non passano solo i numeri, lo schema, il servizio ma anche la relazione, e questo è un grande valore aggiunto che solo forse noi italiani e altri paesi latini potevano creare. Questo modo di utilizzare il digitale umanizzandolo è uno di quei temi su cui vale la pena riflettere e tenere forte.

È difficile in questo momento parlare di fiducia?

Direi l’esatto contrario. In questo momento nessuno si sente all’altezza del proprio compito, abbiamo tutti bisogno di un aiuto, di un punto di riferimento e questo sta riaprendo molti canali relazionali. Il caso più eclatante è il rapporto con la sanità, oggi gli italiani ne sono orgogliosi, tre mesi fa avrebbero detto che costa cara, non funziona etc. Questo sta ricreando un sistema di fiducia non soltanto nei confronti delle istituzioni, le quali si devono far valere, perché questa fiducia è messa a verifica, una verifica immediata. È un modo anche per rigenerare le istituzioni pubbliche italiane, le aziende, ridare valore a quello che tiene insieme una comunità complessa e moderna come l’Italia.

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